Dall’America

Ciao Camilla,

mi chiamo Francesca, sono la mamma di un bambino transgender di 3 anni.

Fortunatamente viviamo in America, anzi a New York, un posto decisamente molto aperto al nuovo e dove ho trovato molto appoggio e risorse.

Tutta la nostra famiglia (mia e di mio marito) e’ in Italia e quest’anno siamo tornati a casa per la prima volta con M. (maschio) e non più M. (femmina), anzi a dire il vero solo qualche mese fa era ancora femmina. Comunque ti dicevo siamo tornati a casa e ci siamo trovati a dover dare tante spiegazioni…io ho letto tanto, credo di avere un’ottima preparazione sull’argomento, ma i miei famigliari e gli amici un po’ perche non ne hanno mai sentito parlare e un po’ perché non c’e’ molto da leggere in italiano (che non sia vecchia letteratura piena di orrori) hanno fatto fatica a capire. Ti dirò, ce la stanno mettendo tutta ma ci vorrà tempo!

E a dire il vero ci penso da un po’ a condividere la storia di M. in Italia. Qui le cose sono un tantino più facili. Ci sono più risorse, ma la transizione è stata difficile, sai M. ha solo tre anni, ma da due anni non faceva altro che dire di essere maschio. E se è vero come dici tu nell’articolo che una femmina può passare per maschiaccio, M. non è femmina nè maschiaccio e essere trattato come tale proprio non gli piaceva. Lui non voleva “passare per”. Non ha mai smesso di ripetere in qualunque discorso che lui è un maschio. Persistent, insistent consistent. Non so se hai mai letto questa chiamiamola regola. L’altra figlia che ha 4.5 anni gli ha anche detto che fra un po’ gli crescerà il pisellino come al suo amico John.
Beata ingenuità!!

La psicologa che conduce (si dice così?!) il gruppo di supporto dice che il voler educare gli altri è un istinto normale, ma che dipende molto da quante energie uno ha. A me sembra che ogni volta che mi dice questa cosa in realtà cerchi di sconsigliarmelo. Non so, anche lei deve aver avuto la sua buona parte di educazione da fare, visto che lei ha una figlia transgender. La sua è alle medie e ha trasizionato a 5 anni quindi ormai sono quasi 6 o 7 anni che ha a che fare sulla sua pelle con i pregiudizi.
E poi al gruppo proprio sabato abbiamo parlato del bullismo nei confronti dei fratelli, al quale non avevo mai pensato ma apparentemente i fratelli sono anche molto esposti ai giudizi del mondo ignorante!

Ah altra cosa, ha mai sentito parlare della dottoressa Olson e del suo recente lavoro? Se vuoi una copia te la mando. È su bambini transgender però, sulle forme di fluidità nn se ne occupa ancora. Ma il suo lavoro è molto
Interessante. E poi il libro che invece ti consiglio in assoluto perchè parla molto di fluidità e di tanti altri aspetti è “Gender born, gender made”. Guarda è difficile da leggere ( o almeno lo è stato per me) ma mi ha spiegato molto e ha toccato molti aspetti che sono importanti anche dal punto di vista di una madre.

Se ti posso dare un consiglio, non ti fare confondere dalla  terminologia.
Il fatto che L. o M. nn siano depressi (grazie al cielo!! Io lo ritengo un grosso premio a noi mamme, significa che stiamo facendo il nostro lavoro bene) non significa che ci stiamo inventando la loro come vuoi chiamarla, condizione, realtà? Dai chiamiamola realtà. Ti dico come la vedo io: M. è trans e non credo soffra di disforia ma questo non lo rende meno trans. Crescendo svilupperà la disforia? Forse. Questo cambierà la sua realtà? No, non credo.

Nel libro gender made gender born la dottoressa dice che lei i bambini manco li vuole vedere a meno che non presentino problemi. E così è stato anche per la nostra psicologa. Lei mi ha detto fin da subito M. didn’t need to be fide (non sentiva di aver bisogno di essere aggiustato), quindi ci siamo incontrati noi. Noi genitori abbiamo bisogno di supporto e aiuto, ma i piccoli no.

 

 

Per il momento ti ringrazio di aver aperto la conversazione in italia. Sono convinta che piu’ se ne parla e piu si aiuta far capire e a smitizzare l’idea di transgender o gender fluid come scelta e non come identa’.

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