Lettera in Senato

 

Quella che segue è la lettera che ho fatto leggere in Senato al convegno del 13 dicembre poiché non ho potuto partecipare di persona

“Mi scuso moltissimo per non essere presente oggi a questo incontro. Il lavoro di mamma spesso é il più impegnativo e quello che lascia meno tempo libero. Sono sicura comunque che le altre famiglie presenti, in primis Loredana e Francesco, sapranno anche meglio di me raccontare e raccontarsi. Per me questo incontro é un segnale molto importante. Poco più di un anno fa ero una mamma sola che cercava di ottenere informazioni e capire come meglio crescere un figlio di genere creativo. Lo facevo tra le critiche degli amici e gli sguardi sospettosi  degli scettici. La mia, come quella di tutte le altre famiglie, é stata una storia faticosa. Mio figlio ha dimostrato di avere un’identità di genere differente da quella tipica dai suoi primi anni di vita. Appena mi sono resa conto che la sua non era una fase, ho cercato informazioni e aiuto e mi é stato impossibile trovarne. Ho passato anni alla disperata ricerca di supporto e aiuto. Non certo perché mio figlio avesse qualcosa di sbagliato ma per cercare di capire quale fosse la maniera migliore per farlo sentire adeguato, giusto, bello. Il nostro paese vive totalmente all’oscuro riguardo al fatto che esistano bambini che possano essere biologicamente maschi ma sentirsi femmine, o viceversa, e anche bambini che possano sentire di appartenere a entrambi i generi o a nessuno dei due. E questi non sono vezzi. Sono realtà. La società non conosce ma é pronta a giudicare e criticare senza la minima predisposizione all’accoglienza e alla sana curiosità. Noi genitori viviamo spaventati non dalla identità dei nostri figli ma dal fatto che possano incorrere in atti di violenza psichica e fisica. Esporci anche solo per chiedere consiglio ci fa addirittura venire il dubbio che la nostra accoglienza nei confronti dei nostri figli possa essere interpretata per maltrattamento, incapacità educativa, superficialità. Le realtà estere ormai consolidate dimostrano al contrario che l’accoglienza famigliare sia essenziale affinché i nostri figli siano in grado di affrontare un percorso che col tempo può non essere semplicissimo.
Nell’agosto del 2016, per colmare un vuoto che ritenevo imperdonabile, ho aperto un blog, che si chiama come oggi é intitolato questo convegno: mio figlio in rosa. Il blog piano piano ha raccolto intorno a sè altre famiglie. Piano piano la gente ha iniziato a interessarsi all’argomento e noi abbiamo iniziato a sentirci meno soli. E oggi siamo qui a parlare al Senato della Repubblica. Dico questo non per vantarmi ma per dire che se un banale blog di una normale madre é riuscito a smuovere così tanto e raccogliere in una anno una trentina di famiglie che prima erano sole e disperate, immaginate che cosa potrebbe essere fatto con la giusta informazione e formazione! E la giusta informazione parte da ognuno di noi: poniamoci quindi tutti in ascolto nei confronti del prossimo per riuscire poco a poco a cambiare le cose.
Vivo oggi sulla mia pelle la differenza che esiste tra il vivere in un paese che non é informato e dotato di leggi rispetto a uno che lo é. Questa estate infatti, dopo una vacanza in Spagna, ho deciso di fermarmi a vivere a Valencia. Non sono riuscita a riportare non solo mio figlio Lori, ma anche gli altri due, in un paese dove avrebbero dovuto continuare a giustificarsi continuamente: perché ti vesti così? perché tuo fratello é una femmina? perché lo esponi a tutto questo?
Mio figlio é esposto tutti i giorni, qualunque cosa faccia e con l’ingenuitá e la purezza che ogni bambino ha il diritto di avere.
In Italia si domandava ‘perché mamma le persone non capiscono che ognuo é quello che é?’ Avere uno stato che fa informazione, che mette i diritti umani al primo posto, fa una grande differenza. Educa fin da piccoli al rispetto del prossimo e all’accoglienza. Cresce generazioni di adulti migliori. I diritti umani non hanno età e i nostri bambini devono essere visti come persone che non solo hanno diritto di ‘essere’ ma sono persone che possono insegnarci moltissimo.
Le istituziomi dovrebbero iniziare ad avere molto chiaro in mente il fatto che ciò che noi famiglie chiediamo non é un nostro personale sfizio ma é espresso negli articoli 12, 13 e 14 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia firmata anche dall’Italia. Ciò che noi chiediamo è anche espresso nelle linee guida dell’ Organizzazione mondiale della Sanità e della Commissione Europea.
Spero che il nostro paese, che sta attraversando un periodo storico così difficile, voglia finalmente rendersi conto che creare delle leggi che proteggano i bambini nelle loro espressioni, che condannino la transfobia e l’omofobia, che impediscano le operazioni sui bambini intersex,  voglia dire non solo mettersi al passo con il resto del mondo ma compiere un atto di civiltà. “

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