Mia FIGLIA in rosa è una persona felice!

Ricordo molto bene quando cinque anni fa è nato il mio blog ‘Mio figlio in rosa’. Mi ricordo che eravamo in camera da letto io e i miei figli e io parlai loro della mia idea di raccontare la nostra storia per fare informazione e per trovare altre famiglie come la nostra. In realtà chiedevo loro il permesso di farlo. Me lo concessero subito anche con molto entusiasmo e desiderio (oserei dire quasi necessità) che la gente non ci reputasse più così strani e la smettesse di chiedere “perché”. Ricordo la discussione sul titolo da dare. Un vero brainstorming finché io dissi: “che vi pare di ‘Mio figlio in rosa’?”  In realtà pensai che me lo avrebbero criticato non capendone l’ironia. Un titolo che esprimeva  l’assurdità che un colore non potesse essere attribuibile a un genere. Invece fu accolto con una gran risata e salvammo il dominio.

Da allora sono successe tante cose. A un certo punto ho anche pensato di abbandonare l’avventura perché troppo personale. Perché, col passare degli anni e con consapevolezze diverse, ho pensato fosse giusto rispettare la privacy  de* figl* anche se loro non avevano problemi che si parlasse di loro. Per loro è tutta “routine”. Niente di strano. Ognuno è ciò che è. Ultimamente però non ne posso più di tutto quel maschile attribuito a ‘Mio figlio in rosa’ perché mio figlio in rosa è oggi una bellissima e serena ragazzina di 12 anni che vive la sua vita con orgoglio e tranquillità. Non solo: molti genitori leggendo la nostra storia ‘non aggiornata’ pensano che sia giusto costringere i propri figli o le proprie figlie in una sorta di limbo. Più o meno come stava mia figlia quando, un po’ per esplorazione, un po’ per timore, non si sbilanciava a parole parendo molto più queer di quanto non fosse in realtà. Quel limbo va benissimo se scelto dal* bambin* perché l* rappresenta. Perché crea il suo genere personale. Perché è un luogo positivo di libera espressione di sè. Non va bene invece per tutti quei bambini e quelle bambine che in ogni loro azione, anche silente, ci fanno capire chi sono, come vogliono essere chiamati, come vogliono vestirsi, come hanno bisogno di essere trattati.

Oggi ci sono molte più informazioni rispetto a 5 o 10 anni fa. Io, insieme ad altre persone esperte di varianza di genere, abbiamo fondato il Progetto GenderLens che fa informazione e formazione e offre supporto alle famiglie di minori gender creative. Ciò nonostante vedo che il rapporto umano che si stabilisce con un volto e una storia arriva di più al cuore delle persone per cui in tanti seguono sempre e comunque il mio blog. Il “problema” è che tanti ritengono la situazione cristallizzata a anni fa. “Dai un bacio a tuo figlio!” “Quanti anni ha tuo figlio adesso?” “A tuo figlio piace ancora il rosa?” Mi viene chiesto sempre. E ogni volta penso: “se lo sapesse mia figlia … come si arrabbierebbe!”

L’Italia ha un bisogno estremo di referenti positivi soprattutto quando si racconta la realtà trans. Così credo che sia importante continuare a raccontare cosa è successo a quella piccola persona che ripeteva ‘io sono io’ e che faticava a rispondere alle aspettative della gente.

No! Non c’è stato alcun lutto nella nostra famiglia perché mio figlio in rosa oggi é una bella adolescente. E’ esattamente la stessa persona di prima. C’è stata una crescita assolutamente naturale di una persona che è sbocciata, che è cresciuta essendo se stessa. Così come accade per tutt*. A meno che qualcuno non ce lo impedisca. 

Quindi quando da ora in poi parlerò di mia figlia sarà quella stessa persona che a un anno voleva il ciuccio rosa, a cui piacevano le Winx, che si metteva il pigiama in testa per avere i capelli lunghi e che litigava e picchiava il fratello. Con l’unica differenza che ora usiamo per lei i pronomi che preferisce, la chiamiamo col nome scelto da lei, i capelli sono lunghi davvero e il fratello non lo picchia più perché da quando può esprimere se stessa la rabbia è scomparsa. 

Si può essere trans e viverla semplicemente come il proprio modo di essere.

Si può essere trans senza voler per forza essere fintamente cis.

Si può essere felicemente trans.

Si può ESSERE.

E tutt* dobbiamo pretenderlo.  

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